Infine la Guerra è arrivata fino all’Isola che chiamate casa. Ora potete soltanto solcare l’infinita distesa del Mare, senza meta. Eppure le onde portano messaggi in bottiglia, frammenti di un passato che può restituire un significato al futuro.
Naufraghi è forse il gioco che, più di ogni altro, lancia ogni volta una sfida a chi lo gioca e a me che assisto. L’idea sulla quale si fonda, infatti, è quella di introdurre nel gioco di ruolo dal vivo la creatività condivisa tipica dei giochi da tavolo narrativisti. In altri termini, ogni giocatore si trova nella condizione di ricevere dal resto del gruppo una scena, del tutto improvvisata e investita dell’autorità di cambiare completamente la storia passata del suo personaggio. Insomma, non solo il futuro è da scrivere insieme, ma anche il passato.
A livello di finzione narrativa, questo risulta possibile perché nel mondo di gioco è pratica comune “confessare” parti della propria vita a un ordine di mistici per dimenticarle, come se non fossero mai esiste. Per agevolare i giocatori, invece, la meccanica per cui ciascuno dà il proprio contributo alla scena da creare viene trasformata in un rituale, in modo che non sia necessario abbandonare i panni del personaggio e rompere l’incantesimo dell’interpretazione discutendo fuori gioco.
5 giocatori per volta hanno accettato questa sfida, sorprendendomi con la loro creatività e ricordandomi sempre quanto sia importante lasciare andare le storie, per godersi il modo in cui vengono ricevute dagli altri, anziché fossilizzarsi su aspettative inopportune e destinate a deluderci.
Vi va di raccogliere questa sfida?
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